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‘Ndrangheta al nord

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Politica, sanità, imprese: in Lombardia la ‘ndrangheta si piglia tutto

In una nota alla Direzione distrettuale antimafia, la squadra Mobile di Milano diretta da Alessandro Giuliano lancia l’allarme: i boss scelgono i candidati politici all’interno dell’organizzazione criminale. Segnalati due primari di noti ospedali in contatto con le cosche
di Davide Milosa | 5 ottobre 2014

Non più solo rapporti con la politica, oggi la ‘ndrangheta sceglie i propri candidati all’interno dell’organizzazione. Basta, dunque, intermediari. I boss scendono in campo in prima persona. Dinamica ad oggi inedita e nuovo allarme che viene rilanciato dalla squadra Mobile di Milano diretta dal dottor Alessandro Giuliano in una recente relazione inviata alla Direzione nazionale antimafia. E così se da un lato le inchieste degli ultimi anni proseguono il loro iter giudiziario con buona parte delle condanne confermate anche in secondo grado e in Cassazione, dall’altro prosegue “la forte ascesa della criminalità organizzata calabrese nella realtà milanese”. Ascesa che oltre alla politica punta sui professionisti della sanità. Tanto che nel mirino degli investigatori recentemente sono finiti due importanti professionisti dell’ospedale Niguarda di Milano e del policlinico di Monza, i quali “intrattengono rapporti con personaggi della criminalità organizzata calabrese”.

Ecco allora il ragionamento che fissa la nuova frontiere delle cosche in Lombardia. “Si è evidenziato – si legge nel documento della Squadra Mobile – come vari gruppi criminali calabresi si siano posti l’obiettivo di entrare direttamente nei gangli della vita imprenditoriale e politico-istituzionale per trarne indebito vantaggio con affari economici leciti dove poter riciclare proventi illeciti”. Insomma, oggi in Lombardia si rimodulano gli assetti delle dinamiche mafiose. E così l’idea di fare politica direttamente con propri candidati nasce anche dal fatto che gli uomini e le donne della ‘ndrangheta “dimorando al nord ormai da più generazioni hanno progressivamente acquisito una piena conoscenza del territorio consolidando rapporti con le comunità locali, privilegiando specifici contatti con rappresentanti della politica che occupano ruoli chiave nelle amministrazioni”. Si spiega in questo modo “la presenza di soggetti non di origine calabrese affiliati all’interno delle varie locali della ‘ndrangheta lombarda con cariche e doti secondo gerarchie prestabilite”.

Naturalmente, ragionano gli investigatori della Mobile, la nuova direzione criminale non annulla i tradizionali metodi di influenzare la politica. Viene, infatti, confermata “la vocazione imprenditoriale della criminalità calabrese che si realizza sul territorio attraverso un tasso di violenza marginale, privilegiando invece forme di accordo e collaborazione con settori della politica, dell’imprenditoria e della pubblica amministrazione”. Insomma, la cosiddetta “zona grigia” che permette ai boss di allargare il business. Tradotto: non più solo droga, ma anche “appalti pubblici e sofisticate operazioni finanziarie di acquisizione societarie e immobiliari”.

E se il rapporto con la politica si evolve, la sanità si conferma uno dei settori strategici per la ‘ndrangheta. Come dimostra la figura di Carlo Antonio Chiriaco, ex direttore sanitario dell’Asl di Pavia condannato per concorso esterno a causa dei suoi rapporti con influenti boss della ‘ndrangheta lombarda. Non è un caso, poi, che da questo fascicolo (indagine Infinito), siano nato le ultime importanti inchieste sulla corruzione legate all’Expo 20015. Sul tema sanità resta ancora aperta l’inchiesta sul suicidio di Pasquale Libri ex dirigente (settore appalti) dell’ospedale San Paolo di Milano. Anche lui legato a Chiriaco e più volte citato nelle carte dell’operazione Infinito. Così sotto la lente degli investigatori della Mobile coordinati dalla Dda di Milano recentemente sono finiti “insospettabili professionisti calabresi che occupando posizioni all’interno delle istituzioni pubbliche” i quali “sono risultati in contatto con esponenti del crimine organizzato”. Si tratta di due medici del Niguarda e del policlinico di Monza. Entrambi, secondo la ricostruzione degli inquirenti, incontrano pregiudicati per mafia, boss e comprimari. Sono a disposizione. Per tutto. Dai ricoveri alle perizie ad hoc per far scarcerare i vecchi capi. Entrambi ricoprono un ruolo decisivo. Di cerniera tra la ‘ndrangheta e la società civile lombarda.

E così i controlli sul territorio squadernano le relazioni pericolosi dei due professionisti. Ad esempio con esponenti della famiglia Barbaro. Dall’elenco spicca anche il cognome Molluso, clan dell’Aspromonte storicamente federato con la potente famiglia Papalia di Buccinasco. In particolare, la polizia ha ricostruito contatti tra uno dei professionisti e una persona vicina a Francesco Molluso, ergastolano per sequestro di persona. Favori, dunque. E banchetti da mille e una notte organizzati dalla ‘ndrangheta per sdebitarsi con il professionista e, scrive sempre la squadra Mobile “per consolidare il rapporto con il medico”.

Sanità, ma non solo. Anche cooperative di servizinesso di congiunzione tra ‘ndrangheta e Cosa nostra” per “un giro d’affari enorme” il cui “ricavato viene immediatamente reimmesso nel circuiti economico legale attraverso investimenti immobiliari e acquisizione di attività commerciali quali bar e ristoranti per lo più ubicati nel centro di Milano”.

http://www.ilfattoquotidiano.it/2014/10/05/politica-istituzioni-locali-imprese-in-lombardia-la-ndrangheta-si-piglia-tutto/1138350/

Expo 2015, società legata alla ‘ndrangheta si occupava della sicurezza dell’Esposizione

La Prefettura ha emesso un’interdittiva antimafia per l’azienda che stava cablando il centro controlli dell’evento. Secondo gli investigatori, la Ausengineering srl, con sede a Pieve Emanuele e proprietà quasi completamente calabrese, è vicina alla cosca Mancuso di Limbadi in provincia di Vibo Valentia
di Davide Milosa | 13 settembre 2014

Grandi vetrate e lamiere grigie con inserti colorati. Alta poco più di due piani, la sua singolare forma geometrica la rende molto riconoscibile dentro a questo dedalo di vie e palazzoni di periferia. Via Drago a Milano, zona nord a pochi passi dal sito di Expo 2015. E non a caso. Perché nei progetti questa struttura, di proprietà del Comune, deve ospitare la centrale operativa per la gestione della sicurezza di tutta l’Esposizione universale che si prepara ad accogliere venti milioni di visitatori. Da ieri però, i lavori si sono fermati. E non per problemi tecnici, ma perché il prefetto di Milano Francesco Paolo Tronca, su indicazione del capo centro della Dia di Milano Alfonso Di Vito, ha emesso un’uniterdittiva antimafia nei confronti dell’azienda che nell’aprile scorso si è aggiudicata l’appalto di riqualificazione.

Sul tavolo circa un milione di euro. Ma in questo caso non è tanto la cifra a fare scandalo, quanto il fatto che i lavori per mettere a punto l’intera sicurezza di Expo sono stati affidati a una società infiltrata dalla ‘ndrangheta. Secondo quanto ricostruito dagli investigatori, la Ausengineering srl – con sede a Pieve Emanuele e proprietà quasi completamente calabrese – è legata alla cosca Mancuso di Limbadi in provincia di Vibo Valentia. Alla base della decisione del Prefetto ci sono “frequentazioni dei titolari con uomini del clan”, uno dei più potenti della ‘ndrangheta, capace di monopolizzare il proprio territorio intrattenendo relazioni anche con uomini delle istituzioni, come ha dimostrato una recente inchiesta del Ros dei carabinieri. Ed è di ieri (12 settembre) la notizia che la squadra Mobile di Catanzaro ha arrestato in Argentina il boss latitante Pantaleone Mancuso soprannominato ‘l’ingegnere’.

Dalle campagne di Limbadi al cuore della sicurezza di Expo. Questo racconta l’ultimo episodio di infiltrazione dei boss all’interno dell’Esposizione universale. Il City Commande Centre di via Drago, infatti, avrà funzioni di raccordo operativo tra Protezione civile, sicurezza, viabilità e pronto intervento. Nella sede rinnovata prenderanno posto tutte le forze dell’ordine. La palazzina inoltre ospiterà uno sportello internazionale di prima accoglienza per le informazioni e la sede della task force per coordinare le polizie locali di Milano, Rho, Pero e Baranzate.

Stando al capitolato di gara, la Ausengineering, vincitrice di mega appalti per gli aeroporti di Firenze e Napoli, avrebbe dovuto cablare l’intera palazzina tirando oltre un chilometro di cavi direttamente dal sito di Expo. Sostanzialmente tutto ciò che riguarda le telecamere di sicurezza installate nei padiglioni e all’esterno dell’esposizione. Nel maggio del 2013, il comune di Milano ha dato il via libera alla convenzione con Expo spa. Affidamento gratuito della palazzina e grandi annunci. Come quando Tullio Mastrangelo, comandante della Polizia locale, dichiarava: “Dal centro avanzato di controllo Expo 2015 sarà possibile seguire il grande flusso di persone, mezzi e merci che 24 ore su 24 nel semestre espositivo graviteranno sull’area e in tutta la città. Qui opereranno tutte le Forze dell’Ordine, le public utilities, Vigili del Fuoco, 118, aziende di trasporto eccetera in collegamento con tutte le relative centrali operative esterne”.

Mentre l’assessore alla Sicurezza Marco Granelli annunciava: “Con la firma di questa convenzione l’Esposizione Universale si dota di una sede strategica per il coordinamento operativo dell’evento. Grazie ai lavori che saranno effettuati dalla società Expo 2015 restituiremo alla città un centro avanzato e potenziato per la sicurezza e la gestione delle emergenze”. Era il 2013 e ancora i lavori per i cablaggi dovevano iniziare. L’aggiudicazione definitiva arriverà solo nell’aprile scorso. L’Ausengineering vince la gara con un ribasso del 33%. Al punto f) del documento però si rende noto che “in ragione del numero di offerte pervenute, inferiori a dieci, e della conseguente impossibilità di applicarel’esclusione automatica delle offerte anomale, Expo ha provveduto a richiedere al concorrente primo classificato elementi idonei a consentire di valutare la congruità dell’offerta presentata”.

Insomma, fin da subito la società era risultata sospetta. E del resto già ad agosto scorso alcuni vigili che controllano la zona di via Drago avevano intuito la presenza della mafia. Assieme all’interdittiva per il centro interforze di via Drago, sempre ieri il prefetto ha bloccato altre due aziende che lavorano al cantiere della Tangenziale esterna Milano. In totale le imprese escluse per sospette collusioni con la mafia salgono così a trenta.

da Il Fatto Quotidiano del 13 settembre 2014

http://www.ilfattoquotidiano.it/2014/09/13/expo-2015-societa-legata-alla-ndrangheta-si-occupava-della-sicurezza-dellesposizione/1119876/

‘Ndrangheta, operazione Dia: sequestrati beni per 5 milioni di euro a Reggio Emilia

Il tribunale di Reggio Emilia ha colpito il patrimonio riconducibile ai fratelli Sarcone, da anni stabili in Emilia, ritenuti affiliati alla cosca Grande Aracri. Operazione estesa anche a Umbria e Calabria
di Andrea Palladino | 24 settembre 2014

a Dia di Firenze e Bologna, insieme ai carabinieri di Reggio Emilia, ha sequestrato mercoledì mattina il patrimonio della famiglia di imprenditori edili Sarcone. Originari di Cutro, in provincia di Crotone, legati – secondo gli investigatori – alla cosca di ‘ndrangheta Grande Aracri, i fratelli Sarcone hanno investito da tempo nella zona di Reggio Emilia, attraverso la holding Sarcone Group, attiva nel campo delle costruzioni.

Complessivamente la Dia ha posto sotto sequestro preventivo, su disposizione del Tribunale di Reggio Emilia, un patrimonio di 5 milioni di euro, tra conti correnti, quote societarie e immobili. Tanti sono gli elementi raccolti negli ultimi anni dai magistrati sulla vicinanza dei fratelli Sarcone con la cosca Grande Aracri. Giuseppe Grande Sarcone è stato segnalato dalla Dda di Bologna fin dal 1996. “Durante le indagini di quegli anni emersero numerosi contatti telefonici intercorsi con Grande Aracri Nìcolìno e altri sodali alla cosca”, ricorda il Tribunale di Reggio Emilia nel provvedimento di sequestro. Una vicinanza con il gruppo di ‘ndrangheta poi confermata con una condanna in primo grado. Anche recentemente l’imprenditore di Reggio Emilia è stato segnalato per “frequentazioni con soggetti gravati da pregiudizi di polizia e condanne”.

Il fratello Nicolino Sarcone è stato a sua volta condannato il 25 gennaio del 2013 a otto anni di reclusione per associazione mafiosa, a conclusione del processo nato dall’operazione “Scacco Matto”. Uscito dal carcere nel 2001, si era occupato di reperire risorse finanziarie per i detenuti legati ai gruppi di ‘ndrangheta, attraverso estorsioni e fatture emesse per operazioni inesistenti. Secondo i magistrati questo compito gli era stato affidato direttamente dalla moglie del capo cosca Grande Aracri.

Il terzo fratello Gianluigi Sarcone ha due precedenti per usura, estorsione, appropriazione indebita e riciclaggio. Per i magistrati negli anni scorsi ha investito nella azienda di famiglia Sarcia srl il ricavato proveniente da diverse truffe commesse ai danni di un’altra azienda di Siracusa.

Il quarto fratello, infine, Carmine Sarcone era già stato coinvolto da indagini dell’antimafia, che avevano documentato il suo rito di affiliazione ai Grande Aracri di Cutro. La Dia ha analizzato i redditi ufficiali dei quattro fratelli Sarcone, rilevano notevoli incongruenze patrimoniali. Durante le indagini gli investigatori hanno intercettato i tentativi di alcuni familiari dei fratelli Sarcone di far sparire una parte del patrimonio, con richieste alle banche di prelievi in contanti per diverse centinaia di migliai di euro e la vendita di alcuni titoli. Il sequestro ha colpito, oltre ai conti correnti, le quote societarie della New essetre srl, della Sarcia srl, della World House srl e della Terre Matildiche srl, tutte ditte operanti nel campo delle costruzioni nella zona di Reggio Emilia. Sono stati sequestrati anche diversi immobili in Emilia Romagna, Umbria e Calabria.

http://www.ilfattoquotidiano.it/2014/09/24/ndrangheta-operazione-dia-sequestrati-beni-per-5-milioni-di-euro-a-reggio-emilia/1131312/

‘Ndrangheta, riciclaggio denaro sporco: imprenditore arrestato a Reggio Emilia

E’ stato arrestato a Reggio Emilia Antonino Napoli, un imprenditore calabrese 60enne originario di Polistena trasferitosi nel reggiano. L’uomo era stato condannato nell’ambito della maxi operazione antiriciclaggio denominata ‘Artù’ e condotta nell’agosto del 2011 sotto la direzione della Dda di Reggio Calabria.

L’indagine portò a bloccare una colossale operazione di riciclaggio di denaro, messa in piedi attraverso l’intermediazione di esponenti di spicco della ‘Ndrangheta e di Cosa Nostra. Furono venti le persone arrestate in tutta Italia con l’accusa di associazione a delinquere finalizzata al riciclaggio, alla truffa e alla falsificazione di titoli di credito. Tra loro c’è anche l’imprenditore 60enne, fermato ieri dai carabinieri di Rubiera che hanno eseguito l’ordine di carcerazione.

http://www.ilfattoquotidiano.it/2014/10/10/ndrangheta-riciclaggio-denaro-sporco-imprenditore-arrestato-a-reggio-emilia/1150689/

 


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